Il vaccino anti-COVID-19
Ancora una volta i fatti sembrano smentire gli esperti virologi che hanno calcato le scene degli ultimi mesi: il vaccino anti-Covid-19 potrebbe essere disponibile già nel prossimo novembre.
Chi parlava di un anno di attesa, chi di due, chi addirittura ipotizzava tre anni per renderlo disponibile sul mercato, dimostrando di leggere la realtà attuale con gli occhi del passato. Una pandemia che ha segnato la storia dell’umanità in negativo non poteva non avere una risposta straordinaria da parte dei centri di ricerca, università e multinazionali del farmaco. Un affare colossale, ma anche una sfida scientifica e tecnologica mai vista dai tempi della conquista dello spazio tra U.S.A e U.R.S.S. negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, culminata con la conquista della Luna da parte dell’equipaggio dell’Apollo 11.
Questa volta il vaccino anti-Covid-19 serve a ogni singolo individuo del pianeta Terra, non alla supremazia di una potenza sull’altra, per cui era ipotizzabile una corsa sfrenata alla soluzione del problema. Tra le decine e decine di vaccini progettati nei laboratori di ricerca di tutto il mondo, alla fine stanno emergendo, come previsto, una decina di sperimentazioni di cui almeno due in fase avanzata, ben oltre le previsioni degli scienziati televisivi.
Come tutti sappiamo, un vaccino è un farmaco che serve a prevenire una malattia infettiva inducendo nel soggetto la stimolazione del sistema immunitario con la produzione di anticorpi naturali neutralizzanti il microrganismo.
In pratica il vaccino induce uno stato paragonabile a chi ha superato la malattia, con la produzione di anticorpi in grado di proteggere da una nuova infezione.
Sebbene abbiamo una lunga storia di vaccinazioni efficaci, un nuovo vaccino presenta sempre degli scogli da superare perché deve dimostrare di essere INNOCUO ed EFFICACE. Sembrano cose scontate, ma bisogna dimostrarle: guai a somministrare miliardi di dosi di vaccino che non rispondano a questi due requisiti.
Basta ricordare che un effetto collaterale grave in una persona su mille, significherebbe avere gravi problemi su un milione di persone ogni miliardo di vaccinati: in pratica faremmo più danni della pandemia virale.
Non è poi scontato che sia sempre efficace come dimostrato dai virus dell’HIV e dell’epatite C, verso i quali non siamo riusciti a scoprire un vaccino idoneo.
Vi sono varie fasi nella sperimentazione di un nuovo farmaco che vanno dalla dimostrazione di essere innocuo (testato prima su animali e poi su pochi volontari sani), di essere efficace (nel caso del vaccino con la produzione di anticorpi simili a quelli dei soggetti immunizzati dopo malattia, eseguito su un gruppo di volontari più ampio). L’ultima fase è la dimostrazione di essere efficace nei soggetti ammalati.
Capite bene che il vaccino, a differenza di altri farmaci, non va usato nei soggetti ammalati, ma solo nei sani come prevenzione della malattia. Per cui questa fase è molto più complessa, richiedendo un gran numero di soggetti che vivono in aree in cui la pandemia è in atto. In pratica, i volontari sani che mai hanno avuto contatto con il virus (almeno qualche migliaio), vanno divisi in due gruppi: al primo viene somministrato il vaccino, al secondo un placebo (una iniezione simile al vaccino ma senza farmaco).
Dopo un certo periodo si valutano quanti ammalati ci sono stati nei due gruppi e quindi quanto il vaccino sia stato efficace.
Oggi un test del genere non è possibile eseguirlo in Italia e in Europa perché i casi sono ormai sporadici ma solo nelle aree pandemiche attive (Sud America e India in particolare), per cui si sono aggiunti ulteriori problemi. Vi sarebbe la possibilità, molto più rapida, che ai soggetti vaccinati volontari si inoculasse (per via respiratoria) il virus Sars-Cov-2, con problemi di eticità che la gravità della situazione potrebbe far superare. Non basta avere una vaccino innocuo ed efficace; bisogna poi produrlo in poco tempo e in miliardi di dosi.
Nessun centro universitario o di ricerca è in grado di farlo.
Bisogna affidarsi alle grandi industrie farmaceutiche le quali devono investire miliardi su quel progetto che potrebbe anche avere risvolti economicamente negativi nel caso in cui il virus dovesse scomparire, come avvenuto per la SARS.
Esistono vari tipi di vaccino, con virus interi e attenuati, con parti di virus (split), con una proteina virale ottenuta sinteticamente o con parti dell’RNA virale modificato in laboratorio (in grado di indurre da parte del soggetto vaccinato la produzione di una proteina simile a quella del virus, senza effetti clinici e in grado di indurre la produzione di anticorpi in grado di bloccare quella del virus).
Ieri il ministero della Salute italiano ha confermato il contratto con la multinazionale AstraZeneca per l’acquisto di milioni di dosi del vaccino anti-Covid-19 in corso di avanzata sperimentazione sull’uomo da parte dell’università di Oxford a cui partecipa anche un’azienda italiana (IRBM di Pomezia).
Il vaccino, previsto per la fine di questo anno, se l’ultima fase sull’uomo darà risultati positivi, sarà gratuito e inizialmente con priorità alle persone più fragili, ai sanitari e alla forze dell’ordine.
Se tutto procede per il meglio, a ottobre ci sarà la campagna vaccinale per l’influenza estesa a tutti gli ultra-60enni e ai soggetti a rischio.
A fine anno è prevista quella per l’anti-Covid-19, con un vaccino tutto europeo e con il contributo fondamentale di un istituto di ricerca italiano.
14 giugno 2020
dott. Giovanni Canzio
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