La strage silenziosa del Covid-19
L’approfondimento del dott. Giovanni Canzio
Il primo obbligo che si pone di fronte a una pandemia a trasmissione respiratoria e ad alta contagiosità, in assenza di un vaccino, è di limitare i contatti e di adottare quelle misure di distanziamento sociale che permettano di non sovraccaricare i servizi sanitari e quindi dare più opportunità di guarigione ai malati gravi.
Però c’è un problema: il virus viaggia più veloce delle ordinanze.
Le indecisioni e le attese sono state pagate a caro prezzo e le regioni che hanno intercettato precocemente i focolai sono quelle che oggi hanno posti liberi negli ospedali.
La Puglia, malgrado l’ondata di ritorno di residenti di inizio marzo, è riuscita a spalmare su tempi più lunghi il contagio e oggi siamo in una situazione di stabilità senza emergenze ospedaliere.
In tutta Italia, il virus è stato limitato sul territorio, ma ha trovato degli incubatori straordinari nelle strutture sanitarie e nelle case di riposo che oggi rappresentano ancora i focolai più attivi, in grado di riportare il contagio nelle famiglie e per le strade.
Le cronache nazionali e pugliesi raccontano giornalmente di sanitari deceduti e contagiati, di stragi all’interno di ricoveri per anziani in cui la fragilità delle persone si somma alla carenza e spesso all’impossibilità di applicare l’isolamento.
Quella strage silenziosa di operatori sanitari e nonni poteva essere ridotta drasticamente solo andando alla stessa velocità del virus.
In questo hanno fallito anche gli scienziati oltre che i politici. Per settimane hanno parlato solo della mancanza di respiratori e di posti letto e hanno descritto diagrammi epidemici.
Mancava qualche altra cosa: il semplice controllo del personale sanitario e una verifica periodica presso le residenze per anziani, dove in tanti, non sono nemmeno arrivati alla polmonite bilaterale per morire in silenzio, senza tamponi e senza rientrare nelle statistiche di mortalità COVID, come scrissi in un precedente articolo di marzo (Covi di Covid).
Per le tante persone in crisi di astinenza di calcio (pallone), immaginiamo una partita Coronavirus contro Homo Sapiens.
Il primo tempo si è messo male per gli Uomini.
Abbiamo subito una pressione asfissiante e inattesa da parte del Virus, sin dal primo minuto di gioco, e siamo stati costretti a chiuderci in difesa dopo il primo gol subito a inizio partita.
Per tutto il primo tempo abbiamo rischiato il tracollo, ma pian piano abbiamo organizzato le strategie difensive pur di non subire ulteriori gol.
Ora siamo nell’intervallo e dobbiamo cambiare tattica. Abbiamo commesso l’errore di sottovalutare l’avversario e siamo stati presi in velocità e chiusi nella nostra area di rigore.
Dobbiamo scendere in campo con un’altra mentalità, aggredendo l’avversario nella sua metà campo evitando però di esporci al suo insidioso contropiede.
Da un punto di vista sanitario, sta per iniziare il secondo tempo della partita.
Un tempo che potrebbe essere molto più lungo del primo e in cui la priorità sarà intercettare il coronavirus e isolarlo sul territorio.
Dobbiamo quindi affiancare alla fase ospedaliera salvavita una fase territoriale di prevenzione dell’infezione, di diagnosi precoce, di controllo dell’evoluzione e di invio rapido in ospedale in caso di peggioramento del quadro clinico.
I medici di famiglia sono disponibili a essere protagonisti.
La Regione, però, deve impegnarsi a investire anche sulla medicina territoriale con supporti tecnologici e sburocratizzazione di alcuni passaggi.
Ora che la Puglia ha acquistato dispositivi di protezione individuale in quantità notevoli e sta iniziando la distribuzione anche ai medici di famiglia.
Il quadro può cambiare con il sostegno delle USCA, delle nuove unità mediche per assistere i pazienti Covid a casa, in collaborazione con i medici di famiglia ma con protocolli ben definiti a garanzia di medici e pazienti.
Se i medici di famiglia sono tra le vittime da COVID-19 più numerose tra i sanitari, ci sarà pure un motivo.
C’è però un’altra grande partita che si sta giocando, in silenzio e senza diretta televisiva.
La stessa partita che si è giocata nelle case di riposo e che nessuno ha voluto guardare: la strage silenziosa 1.
Mi riferisco all’abbandono clinico dei pazienti non-Covid, di tutti coloro che hanno patologie croniche cardiache e respiratorie, oncologiche, fratture di femore, demenze, diabete mellito scompensato, lasciati al loro domicilio solo con il conforto telefonico del proprio medico, spesso insufficiente.
Questa è la strage silenziosa 2 che mai comparirà nelle statistiche COVID.
Dobbiamo al più presto riprendere in mano la cronicità sul territorio e sostenerla con una ripresa delle attività domiciliari e dell’Ospedale di Comunità.
L’ospedale ha rappresentato la punta di diamante dell’ASL BR nella gestione delle patologie croniche della nostra popolazione, con oltre 6.000 ricoveri dalla sua istituzione.
La Regione Puglia ha trasformato temporaneamente gli Ospedali di Comunità, oggi attivi nell’ASL BR, in COVID post acuzie, per recuperare 62 posti letto.
Questi posti letto vengono comunque strappati via a un territorio già massacrato dai tagli con la chiusura, dal 2012 a oggi, di Cisternino, Fasano, Ceglie e Mesagne, e del ridimensionamento di Ostuni con centinaia di posti letto (per acuzie e post) persi per sempre.
Ho sempre sostenuto che questa scelta, fatta a tavolino in Regione, senza una razionalità epidemiologica e senza una valutazione dell’impoverimento clinico della provincia di Brindisi, sia stata gravemente e colposamente errata.
La Regione scrive di aver creato un gran numero di posti letto aggiuntivi che rimarranno nel piano ospedaliero regionale anche nel post-pandemia.
Invece, nel caso dell’ASL di BR si tratta di posti letto sostitutivi, nell’unica provincia in cui non c’è un ospedale ecclesiastico o una clinica privata convenzionata in grado di sostenere il carico delle patologie ordinarie.
Non si tratta di essere pro o contro gli ospedali post-Covid. Se la scelta è questa, va sostenuta.
Ma andava fatta affiancando il post-Covid (nella nuova struttura) a gestione dei medici ospedalieri con l’OdC nel vecchio ospedale, gestito dai medici di famiglia. Due realtà parallele che a fine pandemia sarebbero confluite in una sola.
Sarebbe bastato solo un piccolo sforzo nel reclutare nuovo personale infermieristico e OSS.
C’è ancora il secondo tempo da giocare. Forza presidente Emiliano, la partita possiamo e dobbiamo vincerla! “Buona” Pasqua a tutti.
PIANO OSPEDALIERO REGIONE PUGLIA – FASE 2
COVID POST ACUZIE – OSPEDALI DI COMUNITA’ |
TOTALI |
CEGLIE MESSAPICA |
18 |
CISTERNINO |
16 |
FASANO |
12 |
MESAGNE |
16 |
totale |
62 |